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Casa tradizionale locale

Casa tradizionale locale

LOCALE CASA TRADIZIONALE

Antica struttura abitativa dell'Ottocento. Si tratta di un raro esempio di architettura domestica popolare, completa ed integra. Essa documenta la tipologia abitativa delle comunità del Gennargentu, fino alla metà del secolo Ventesimo. Interamente costruita in pietra con malta di fango e in legno, dotata di forno interno e focolare, si presenta scevra da ogni superfetazione architettonica. Realtà afferente alle altre costellazioni culturali dell'Ecomuseo, che ha dato prova di eccellenza procedendo a documentare interi settori ergologici tradizionali, quali il pastoralismo, le attività del bosco e la trasformazione dei suoi prodotti, con i lavori di carpenteria e d'intaglio del legno, o ancora l'incetta e trasformazione della neve, la casa tradizionale è di per sé un unicum nella offerta museale complessiva. Essa rappresenta infatti un modulo abitativo annoverabile nell'architettura popolare della montagna sarda, di rara efficacia rappresentativa e documentaria che per ciò stesso assume una messa in valore della prossemica locale, ovvero delle ideologie e delle pratiche di divisione degli spazi domestici, degli ordini e delle gerarchie di percorrenza degli spazi e del relativo grado di fluidità del movimento tra di essi, quali spie antropologiche delle distanze che in quel caso specifico vengono poste fra sé e gli altri.

I percorsi della neve

Le neviere

Tra le pratiche che hanno maggiormente contribuito a qualificare l’identità comunitaria degli aritzesi come “montalgios”, montanari e “biaxiantes”, cavallanti o viandanti girovaghi, vi è senz’altro l’attività di incetta e commercio della neve. L’etnonimo “aritzesos” ha veicolato fino ai primi decenni del Novecento in tutta l’Isola, il significato di merciai itineranti di castagne e nocciole ma soprattutto di neve e carapigna, un gelato rusticano confezionato usando ghiaccio di neve come refrigerante. L’incetta della neve per la produzione di ghiaccio è stata a partire dal XVI secolo una attività che ha rappresentato l’elemento distintivo della cultura materiale locale rispetto a quella delle comunità circonvicine. La neve veniva raccolta e conservata in montagna entro appositi pozzi, per rivenderla poi nelle città ove veniva impegnata nella conservazione dei cibi e nella refrigerazione delle bevande. Il commercio del ghiaccio, era assoggettato al regime di monopolio e gli impresari appaltatori erano obbligati all’approvvigionamento gratuito del Palazzo Regio come sancito nei capitolati d’appalto. Il grosso delle neviere, oltre una decina di buche di forma circolare di cui permane ben visibile un paramento murario a secco che emerge dal terreno per circa 65 cm. in quelle meglio conservate, sono ubicate in un ampio avvallamento e in alcuni canaloni denominato “sa ghiaccera” e in alcuni canaloni dove la neve si accumula per effetto del vento in “bigas de nie”, nevai naturali di diversi metri di altezza, nella montagna Funtana Cugnada a 1400mt. di quota.

Esse sono raggiungibili dal paese attraverso “Su camminu de is Niargios” un sentiero ripidissimo che dopo un dislivello di 400 mt. che può essere percorso in un ora circa, diventa un sentiero di cresta percorribile in un’altra ora. Queste case della neve o “domos de su nie”, cosiddette forse proprio per via di questo paramento murario, atto a sorreggere una copertura di tronchi che dava l’idea di una tettoia, erano rivestite internamente di muratura e profonde poco più di tre metri. Alcune ubicate in siti più vicini al paese erano murate con malta di calce. Di dimensioni varie, con un diametro che varia tra 7 e i 16 metri, esse sono disposte su tre piani paralleli ma secondo uno schema alternato: una dislocazione geometrica ideata per rendere più facili le operazioni del lavoro evitando che quelle del piano superiore facessero da ostacolo a quelle sottostanti. Alcuni di questi pozzi erano identificati con nomi propri che sembrano definire la diversa posizione occupata all’interno della struttura produttiva complessiva, e diverse destinazioni della risorsa conservata. È  questo il caso delle neviere chiamate “domo manna de prima intrada e domo manna de patrimoniu”. La prima indica il grande pozzo dislocato in posizione di accesso alla ghiacciaia, per distinguerla dall’altro pozzo assai più grande che come dice il nome stesso serviva a garantire l’approvvigionamento quotidiano al Palazzo Regio, come sancito nei capitolati d’appalto.